giovedì 30 agosto 2007

l’Unità 30.8.07
Bertinotti: distribuiamo la ricchezza
Al presidente di Confindustria (senza citarlo): attenti ai poteri forti
di Federica Fantozzi

LAVORO Sotto il sole impietoso delle dieci del mattino Fausto Bertinotti, abbronzato, occhiali rossi che scivolano sulla punta del naso e polsini bianchi che sbucano sotto la giacca scura mentre agita le mani, parla di lavoro «dall'alfa all'omega», di «omicidi bianchi», di rivalutazione dell'apprendistato dei mestieri manuali, di un ciclo virtuoso che «rispetti i viventi», davanti a una platea di giovani Dc che si spella le mani e urla «bravo». La scena fa impressione, così come l'asse Bertinotti-Mastella contro Montezemolo: «In Italia si rischia la morte della politica e la crisi della democrazia - attacca il presidente della Camera - con l'affermazione di poteri forti fuori dalla rappresentanza. Il logoramento è rafforzato da chi considera la politica un elemento di ingombro inutile perchè l'economia fa bene da sola. Basta votare, che costa, esportiamo il modello impresa. Ma non funziona così bene». Anche il Guardasigilli, amico di imprenditori come Della Valle e banchieri come Luigi Abete, appare seccato: «Sono d'accordo con Fausto, Montezemolo se vuole si candidi ma basta con i sermoni. Le prediche non ci interessano, si sporchi le mani».
Il dato oggettivo è che, in attesa di Berlusconi per cui si favoleggiano pullman e migliaia di fan, Fausto il Rosso ha conquistato il catino dei giovani Udeur. Certo: l'uomo è smagato, la erre arrotata avvalora il cliché della sinistra in cachemire e - d'altra parte - i centristi cattolici sono affabili con gli ospiti quanto pronti a ri-serrare le fila del proprio credo politico. Eppure, uno dei pulcini mastelliani che scandisce «Sono onorato di avere un presidente della Camera così autorevole», appunto, fa impressione. Piu del concreto Parisi e del reticente Rutelli, Bertinotti seduce e conquista. La sua è una lectio magistralis sul mondo del lavoro con il vezzo un po' snob di dichiararsi «vetero», le citazioni colte, i riferimenti al modello fordista, i limiti all'iniziativa privata per tutelare «grandi assi strategici» come Alitalia o Fiat. Non si sottrae alle domande. La stretta sui lavavetri? «Non mi convince. Preferirei che la tolleranza zero fosse contro il racket». Applausi. Cosa farebbe del tesoretto? «Il Paese ha bisogno di un'operazione complessa di redistribuzione del reddito». Lo sciopero fiscale? «No, perché metà del Paese non può farlo subendo il prelievo alla fonte». L'indagine europea sull'Ici ecclesiastico? «L'Europa è importante ma non cancella la capacità di un Paese di far valere le sue idee». Pentito di aver candidato Caruso? «Non declino la responsabilità, ma chi si era scandalizzato per Luxuria ora faccia mea culpa. Un partito deve sapersi aprire a esperienze nuove». Solo sull'intervista di Veltroni glissa: «Mi è dispiaciuta l'evaporazione dei riferimenti sociali». Strappa l'ovazione quando, contro gli incidenti sul lavoro, chiama in causa sì le leggi ma anche la civiltà di un popolo: «A Marcinelle un vecchio minatore mi disse che i suoi compagni erano morti perché il carbone valeva piu della vita». Un ragazzo provoca: non è meglio precari che disoccupati, fissi al bar a bere cappuccini? Un invito a nozze. I polsini bianchi svolazzano: «È una proposizione di buon senso, come tante che lastricano le strade dell'inferno». L'Europa globalizzata deve darsi un profilo che nasca dalla sua storia di carità cristiana ed eguaglianza operaista. Se invece alla crisi di civiltà si risponde con una politica predatoria, gli incendi diventeranno come gli omicidi: tanti e senza spiegazione.

Repubblica 30.8.07
Fisco agevolato per gli immobili della Chiesa. Per scuole e ospedali cattolici più finanziamenti
Resort e hotel a quattro stelle ma per lo Stato sono esentasse
Da Cortina a Camaldoli il business dei conventi ristrutturati
di Luca Iezzi

Dai Patti Lateranensi in poi, a Roma la gran parte degli edifici di proprietà ecclesiale gode del vantaggio della extraterritorialità
Il caso del turismo legato alla fede: l'ospitalità vale 40 milioni di presenze l'anno, gestite dal Vaticano

ROMA - Curarsi, viaggiare, studiare. Basta aggiungere il marchio della fede per svolgere queste attività in un mondo a parte: regolato meno e più favorevolmente. La legge riconosce privilegi a tutte le attività connesse alla religione: ciò che serve per alloggiare, sostenere, assistere e formare i fedeli non può essere tassato come un´attività a fini di lucro. Chiaro in teoria, ma nella pratica la linea di confine diventa abbastanza confusa: ostelli per pellegrini che diventano alberghi a quattro stelle, conventi che diventano resort alla moda; ospedali che godono dell´extraterritorialità eppure a cui lo Stato riconosce finanziamenti direttamente in ogni Finanziaria.
L´inchiesta dell´Ue sui regimi fiscali riporta al centro l´attenzione soprattutto la questione immobiliare. Un vero e proprio ginepraio: al vertice c´è l´Apsa, sigla che sta per l´Amministrazione patrimoniale della sede apostolica che gestisce gli immobili della città del Vaticano e tutta una serie di fabbricati specie a Roma. Per molti di loro bisogna rifarsi ai Patti Lateranensi e diversi regimi di extraterritorialità Ma l´Apsa controlla anche proprietà "normali" in territorio italiano sottoposte specie negli ultimi anni a "normale" speculazione edilizia spesso attraverso società lussemburghesi e quindi lontano dalle grinfie dell´Erario. Tutta italiana poi la questione degli immobili di proprietà di enti religiosi e quindi "esentabili" dall´Ici. Visto che la legge impone il tributo solo nel caso l´attività sia «esclusivamente» commerciale il meccanismo più utilizzato è quello di affiancare e riconvertire solo una parte ad attività economica. La doppia attività ha trasformato conventi e seminari di pregio in hotel a quattro stelle o comunque centri famosi e ricercati dove si accettano visite e denaro da fedeli e non. Esempi di accoglienza "di lusso" si possono trovare a pochi passi dal Castel S. Angelo a Roma dove i Carmelitani condividono un albergo da 83-120 euro a notte con Tv satellitare, frigobar e aria condizionata. Più esclusive le 7 camere dentro uno dei monumenti più famosi di Milano: l´abbazia di Chiaravalle. Sempre in tema di ospitalità monastica d´alta gamma da segnalare il monastero di Camaldoli in provincia di Arezzo che attira intellettuali, politici o semplici turisti che amano la Toscana. A Cortina poi una vera e propria istituzione sono le Orsoline che da mezzo secolo danno ospitalità a prezzi modici in un ex albergo a vip e turisti. Culto dell´ospitalità, ma anche valutazione dell´unicità della propria offerta. Offerte per ritiri spirituali e gruppi di fede, ma anche per il turista straniero (di qualsiasi fede) che vuole soggiornare in una città d´arte. Tra case ferie, seminari e casa accoglienza le strutture che in Italia sono oltre 1000, tutte "parzialmente" riconvertite, e quindi al riparo dall´Ici, molte di loro sono facilmente rintracciabili su Internet. In alcuni casi la gestione passa a società laiche, ma la proprietà rimane all´ente religioso. Quello del turismo religioso è un vero e proprio network parallelo e capillare, spinta dalle numerose ristrutturazioni realizzate in questi anni spesso con l´aiuto pubblico. Il business dell´ospitalità genera 40 milioni di clienti l´anno scorso: 250 mila posti letto e oltre 4000 strutture. Gran parte del traffico è gestito direttamente dal tour operator vaticano l´Opera Romana Pellegrinaggi che conta 2500 agenzie convenzionate e offre pacchetti completi, viaggi aerei, pernottamenti sia in alberghi normali che in quelli religiosi.
Regimi particolari anche nella Sanità, con le strutture (per lo più di eccellenza) nate da iniziative religiose che invariabilmente ci guadagnano nei rapporti con il Servizio Sanitario nazionale. Il Bambin Gesù, uno degli ospedali pediatrici più famosi d´Italia, vede i suoi rapporti con lo Stato italiano regolati da un trattato internazionale con tanto di ratifica sulla Gazzetta Ufficiale (fu donato nel 1924 direttamente al Papa dai fondatori, la famiglia aristocratica Salviati). Gode di finanziamenti pubblici nazionali per la sua attività di ricerca, e dei rimborsi dalla Regione Lazio per l´attività quotidiane in quanto struttura convenzionata, ma non ogni modifica alle sue prerogative deve essere contrattata con il Vaticano dal ministero degli Esteri. Insomma una situazione in cui lo Stato paga ma non comanda. Anche per 7 ospedali "classificati" tenuti da religiosi nel Lazio vale un regime particolare: espressamente convenzionati nel 1978 (all´istituzione del Ssn) non possono perdere questa qualifica indipendentemente dalle necessità della Regione.
Per il Policlinico Gemelli e l´Università Cattolica ad esso collegate vale invece il trattamento delle strutture private per Sanità e istruzione. Un settore quest´ultimo che ha già suscitato polemiche da quando lo Stato ha iniziato a finanziare gli istituti privati. Il mondo cattolico non più di tre giorni fa ha accolto con piacere l´annuncio di un innalzamento a 500 milioni di euro da parte del ministro per la pubblica istruzione Giuseppe Fioroni degli stanziamenti per le scuole non statali dove le istituzioni cattoliche la fanno da padrone.

Liberazione 30.8.07
Il presidente della Camera a Telese parla di diseguaglianze, fisco, solidarietà sociale
Bertinotti e l'ordinanza di Firenze:
«Punire i primi colpevoli, non gli ultimi»
di Angela Mauro

A Telese, il presidente della Camera parla di fisco e redistribuzione sociale, di tassare le rendite della Chiesa, ma soprattutto di solidarietà. Sintonia con i cattolici, in nome di padre Chenoux
Bertinotti: «Non ha senso colpire gli ultimi»

Largo ai giovani. Un Mastella in maniche di camicia non si fa scrupolo di polemizzare con i più anziani ospiti della sua festa di Telese per invitarli a lasciare il posto ai "meno stagionati" dell'Udeur. Il dibattito con il presidente della Camera Fausto Bertinotti è stato organizzato per loro, i giovani, fa capire il leader del Campanile rispondendo a tono ad un signore in età matura che non molla la sedia. «Sarà un comunista...», si fa sfuggire uno dei ragazzi già accomodati, impaziente per l'inizio del confronto moderato da Clemente Mimun. Al tavolo della presidenza ci sono già tutti, ospite d'onore compreso, e si capisce subito che la sdegnata battuta, detta a mezza bocca, sull'anziano signore che non fa largo ai giovani non esprime un giudizio negativo sull'uomo Bertinotti e sulla sua storia. La platea infatti scoppia in applausi di fronte ai commenti del presidente della Camera sull'ordinanza della giunta di Firenze contro i lavavetri.
«Non mi convince qualunque provvedimento che intervenga sugli ultimi invece che sui primi colpevoli. Preferirei la tolleranza zero nei confronti del racket». Perfetta consonanza con quanto affermerà più tardi lo stesso Mastella e con lo spirito, evidentemente cattolico, degli astanti. Del resto, è lo stesso Bertinotti a non fare mistero, anche a Telese, della sua simpatia per il cattolico padre Maria Chenoux che negli anni '60 definì la solidarietà come «fusione tra la nozione di uguaglianza del movimento operaio e quella di carità propria della storia del cristianesimo». E, ora che i Ds amministratori di Firenze virano sulle scorciatoie securitarie, seguiti a ruota da altri sindaci di centrosinistra in Italia, ora che il governo Prodi è affaticato dal peso delle pressioni dei poteri forti e dalle spinte centriste interne al Pd - che sanno più di destra che di genuino spirito cattolico - in questa fase storica è sulla solidarietà sociale che bisogna operare, insiste Bertinotti, risparmiandosi come sempre accenni più specifici sull'agenda politica del momento, salvo che sul fisco, tirata in ballo da Mimun. La parola d'ordine è «redistribuzione della ricchezza», emergenza di fronte alla quale anche il sistema fiscale «non può voltare le spalle». E il tributo all'originario spirito cattolico non gli vieta di "solidarizzare" con l'Ue che chiede chiarimenti all'Italia sui vantaggi fiscali alla Chiesa. «Da cittadino - premette - penso che tra i beni religiosi ci sono quelli caritatevoli e legati al culto, da esonerare dal pagamento delle tasse, e quelli legati alle rendite che vanno accortamente tassate».
Non proprio musica per le orecchie della platea Udeur, che però preferisce concentrarsi sui grandi temi sociali, trascurando il Pd, Rutelli, Veltroni, il governo. C'è dunque sintonia. «Più che di composizione di governi, bisogna parlare di come ricostruire la società civile», risponde il presidente della Camera alla domanda di una giovane dell'Udeur che denuncia la «contrapposizione creatasi di recente tra mondo cattolico e sinistra, a tutto vantaggio dei poteri forti». E' un "la" che consente a Bertinotti di soffermarsi sul «rischio di morte della politica in Europa» e sulla «crisi per la democrazia» derivante dalla «affermazione di poteri sovranazionali».
Insomma, «c'è chi vuole estendere il modello dell'impresa in Parlamento, abolire la distinzione tra destra e sinistra e - è la battuta di Bertinotti - non c'è il coraggio di andare fino in fondo, altrimenti si arriverebbe anche a fare a meno del diritto di voto...». E' la «oggettivizzazione che prende il posto delle soggettività organizzate». E' una «sfida», ma «nè la sinistra, nè il mondo cattolico rispondono in maniera adeguata».
E Veltroni? Come risponde Veltroni nella sua recente intervista al Corsera ? «Mi è piaciuto il richiamo alla Resistenza», taglia corto il presidente della Camera rispondendo a Mimun. «Cosa non mi è piaciuto? Devo dire una o cento cose?». Vada per una: «L'idea che nella società contemporanea evaporino i riferimenti sociali». L'invito è a «fornire le prove» sul fatto che la società non sia più divisa in «classi». Non è così: non è possibile parlare solo di cittadini «perchè c'è differenza tra un disoccupato e chi un lavoro ce l'ha» e c'è differenza tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, soprattutto perchè ultimamente quest'ultimo è «disconosciuto». Come mai prima. «Ma il governo ha fatto abbastanza per combattere le morti bianche?», è interessato a sapere un giovane in platea. Bertinotti dà atto a Napolitano dell'interessamento, riconosce l'impegno del governo nel «contrasto degli omicidi bianchi sul terreno della cultura della sicurezza sul lavoro», cita l'inchiesta sul lavoro di Camera, Senato e Cnel, ma allarga il ragionamento: «Le morti bianche sono una condanna per il posto in cui il lavoro è collocato nella società». L'esempio della tragedia di Marcinelle calza a pennello: «E' successo perchè il carbone valeva più della vita umana. Se oggi il profitto vale più della vita umana ci saranno sempre morti sul lavoro». Bisogna che il lavoro sia protagonista anche nel mondo dell'informazione, nei tg, continua Bertinotti. E quando un altro giovane mastelliano lo punzecchia sul fatto che la flessibilità è in realtà un'opportunità per i giovani, il presidente della Camera replica: «Di buon senso sono lastricate le vie dell'inferno: il problema è vedere se lavorare per tre giorni una volta ogni tanto allevia il tuo disagio o lo perpetua, se ti apre la porta ad un lavoro stabile o se quella porta ti viene chiusa in faccia tutte le volte».
La precarietà è un «modo di essere della società americana, ma è incompatibile con la civiltà europea del futuro». L'Ue, chiude il cerchio il presidente della Camera, deve avere «una sua identità nella modernità, non può accettare un presunto modello universale generato dai processi materiali di riorganizzazione della produzione». Chenoux insegna.
Nel dibattito Bertinotti invoca anche la necessità di non legiferare solo per «via emergenziale» su questioni come le morti bianche o anche gli incendi estivi. E c'è un breve accenno, chiesto da Mimun, sul caso Caruso, il deputato del Prc autosospeso dall'incarico dopo le polemiche sulle sue frasi su Treu e Biagi. «Chi è senza peccato scagli la prima pietra», risponde Bertinotti che rivendica il «diritto di un partito di aprirsi ad esperienze non proprie salvo far valere le sue capacità di critica». Che farà Bertinotti dopo la presidenza della Camera? Un altro accenno fuori dai binari dei temi sociali: «Un conto è la passione politica, da perseguire fino all'ultimo respiro. Un conto è la direzione politica, che ha un limite d'età. Se lo fa la Chiesa coi vescovi, lo si può fare anche in politica».

Liberazione 30.8.07
Modello Firenze
Se il fastidio si trasforma in una ideologia
di Rina Gagliardi

Ma che cosa sta trasformando il fastidio in un'ideologia, in una priorità, quasi in una scelta di campo che si scarica tutta addosso agli ultimi, ai meno responsabili, ai più sfortunati? Che cosa è successo, nella determinazione del senso comune, tale da bruciare, o quasi seppellire, tutte le appartenenze precedenti, di classe, di opinione, di credo politico? Conosciamo, a livello generale, le radici di questa regressione - o meglio, di questo bivio drammatico della nostra storia, nel quale l'umanità o compie un salto deciso verso la libertà o regredisce fin nei suoi fondamenti di civiltà. La globalizzazione che rade al suolo tutte le identità e mina alla base ogni idea stessa di identità solida. Il neoliberismo, con le sue ricette e le sue pratiche di selezione sociale e feroce competizione, con la sua società che ricomincia ad assomigliare alla giungla. La società dei consumi, che s'illude di poter continuare a consumare deprimendo e umiliando il lavoro. La precarietà diventata legge non solo del mercato del lavoro, ma di tutta l'esistenza sociale. La guerra che è tornata a prendere il posto della politica e riscopre in ciascuno di noi il lato peggiore, guerriero, selvaggio. La crisi (irreversibile?) delle grandi ideologie su cui si è retto il progresso del ‘900, e delle grandi costruzioni popolari dei partiti di massa. La scienza che fa balzi giganteschi e radicalmente incontrollabili. Tutti questi processi stanno determinando il terribile disordine del mondo attuale - quella "società liquida" dove si smarrisce ogni idea consistente di sé e degli altri, dove gli individui sono tutto e nulla, monadi infinite prive di qualunque possibilità di incontrarsi e vivere insieme la propria armonia. Monadi destinate ad impazzire - o comunque a vivere nella paura e nell'ansia. Monadi che trovano senso, talora soltanto nella punizione esemplare dell'altro - o nella sopraffazione del più debole. No, non pavento l'apocalissi, e nemmeno l'ineluttabile destino di un nuovo fascismo di massa che ci aspetta. Ma credo che sia davvero venuto il tempo di una riflessione più avvertita, e di un'iniziativa più forte, prima che sia troppo tardi.

il manifesto 30.8.07
la lettera
Nessuna pietra su Cefalonia, riesamineremo il caso
di Antonino Intelisano *

La lettera aperta di Marcella De Negri e Franco Giustolisi al Presidente della Repubblica e al Ministro della Difesa sulla «giustizia negata» per l'eccidio di Cefalonia (il manifesto del 22 agosto) fa riferimento, tra l'altro, alla notizia «traumatica e scioccante», secondo la quale lo scrivente, «pur essendo magistrato al di sopra di ogni sospetto», «avrebbe rifiutato nel 2003 l'offerta formulatagli personalmente» dal Procuratore federale di Dortmund, competente per i crimini commessi dall'esercito tedesco nell'ultima guerra mondiale, di «fargli avere tutte le sue risultanze sul caso, compresi i nuovi nomi degli assassini ancora in vita emersi dopo una lunga serie di indagini».
Sono risalito alla fonte della «notizia» : l'articolo di Guido Ambrosino (il manifesto dell'11 agosto), che non avevo avuto occasione di leggere in precedenza, che riassume, sotto il titolo «Una pietra sulla strage di Cefalonia» le più recenti vicende giudiziarie sull'eccidio, riferisce sull'archiviazione da parte della Procura di Monaco di Baviera (settembre 2006) relativamente al procedimento contro Otmar Mülhauser e della Procura di Dortmund (8 marzo 2007) relativamente a altri indagati.
In particolare, si legge nell'articolo, tacciando di «omissioni e di ignavia» la Procura militare di Roma, che lo scrivente avrebbe declinato l'offerta di ricevere gli atti investigativi raccolti, «con costernato stupore degli interlocutori tedeschi».
Guido Ambrosino, autore dell'articolo, non cita la fonte dell'informazione, cautelandosi dietro il verbo «sembra». Egli probabilmente è molto giovane o soffre di amnesia, perché non sa o dimentica che i crimini oggetto dei carteggi occultati nel famigerato armadio vennero alla luce grazie all'impulso dello scrivente, come accertato, tra l'altro, sin dalla prima indagine conoscitiva della Commissione Giustizia della Camera, presieduta dall'on. Anna Finocchiaro, nel corso della penultima legislatura.
E' comprensibile, pertanto, lo sconcerto di Franco Giustolisi e di Marcella De Negri, con i quali ho condiviso, nelle rispettive posizioni, una lunga battaglia civile, e che conoscono la mia storia professionale e, in particolare, l'impegno dispiegato.
La notizia è assolutamente infondata, con la più ampia facoltà di prova.
Sono persona sufficientemente avvertita per conoscere la famosa battuta, generalmente attribuita a Flaiano, secondo la quale la richiesta di rettifica di una notizia inesatta qualche volta è una notizia inesatta pubblicata due volte. Correrò il rischio. L'«estrema ratio» è una denuncia per calunnia o per diffamazione aggravata con parallela richiesta di risarcimento, che devolverò all'Associazione per la storia e le memorie della Repubblica.
In effetti il Procuratore di Dortmund, con la consulenza dello storico tedesco Carlo Gentile, da lui officiato, s'incontrò con lo scrivente a Roma, nel maggio 2003, ma non fece alcun riferimento ai presagi di difficoltà per un rinvio a giudizio in Germania né tanto meno si offerse di trasmettere, in tutto o in parte, gli atti di investigazioni al mio ufficio, che aveva attivamente e intensamente cooperato alle indagini in Italia (ricerca dei testimoni ancora in vita, in tutto il territorio nazionale, acquisizione di documentazione presso il Ministero della Difesa, esame di persone informate sui fatti ecc.).
Quanto alla ricostruzione delle vicende del fascicolo 1188, contenuta nell'articolo, archiviato «senza alcun supplemento d'indagine» nel 1996 dallo scrivente, la situazione è più complessa della sbrigativa sintesi giornalistica.
Tutti i carteggi sui crimini di guerra, che erano stati nascosti negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, sono stati singolarmente esaminati dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause e le responsabilità di quell'occultamento. Come già provato in quella sede, il carteggio 1188 costituiva «duplicato» di atti annotati nel procedimento n. 40241 conservati presso l'archivio del Tribunale militare di Roma, in quanto già definito con le sentenze del giudice istruttore militare in data 8 luglio 1957 e 14 giugno 1960.
Se Guido Ambrosino avesse tenuto conto dei principi, secondo i quali un soggetto non può essere processato due volte per lo stesso fatto (divieto del bis in idem) e la morte del reo estingue il reato, avrebbe omesso di definire «vergognosa» l'archiviazione del 1996.
Pur apprezzando, nel complesso, la tensione civile che anima l'articolo, è appena il caso di rammentare, con pacatezza, che il magistrato non è uno storico né un giornalista: la sua attività ricostruttiva mira all'accertamento di responsabilità penali e non a esprimere giudizi di altra natura e deve arrestarsi anche nel caso di estinzione del reato per prescrizione.
Quanto alla «lettera aperta», vorrei sommessamente rammentare alla signora De Negri, il cui padre, ufficiale, venne ucciso a Cefalonia, che, purtroppo, non sempre il lessico famigliare per gli affetti colpiti si concilia perfettamente con la sintassi della procedura penale.
Che fare, allora? Rassegnarsi alla «giustizia negata»? Ho già richiesto alla Procura di Dortmund copia del provvedimento di archiviazione, che non era stato comunicato al mio ufficio, neanche in estratto.
Sarà valutato insieme con quello di Monaco di Baviera. Se riscontreremo i presupposti di legge, la Procura militare di Roma farà quanto compete. Conformemente al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.

*Procuratore militare della Repubblica

Devo scusarmi con il procuratore Antonino Intelisano per l'inesatta ricostruzione del suo incontro del maggio 2003 con il procuratore Ulrich Maaß, titolare dell'inchiesta tedesca su Cefalonia, e il suo consulente storico Carlo Gentile. In quell'occasione - su questo punto Intelisano ha ragione - non ci fu un'offerta esplicita di trasmettere a Roma le nuove risultanze dell'inchiesta tedesca. Tanto meno poté quindi esserci un rifiuto a avvalersene. Ma si ribadì la disponibilità da parte della procura di Dortmund a fornire la più ampia assistenza nel caso gli inquirenti italiani avessero voluto raccogliere elementi d'indagine in Germania.
Il procuratore Maaß è grato ai colleghi italiani per la reciproca collaborazione: «Le procure militari italiane ci hanno fornito un grande aiuto nella ricerca di testimoni e di documenti in Italia. Viceversa hanno ripetutamente chiesto e avuto la nostra collaborazione, del resto dovuta, per le loro ricerche in Germania. Ma non ricordo che il procuratore Intelisano, che pure si è rivolto a noi per altre inchieste, abbia in passato avanzato rogatorie o richiesto copie di documenti per Cefalonia».
A esprimere stupore per la mancanza di iniziative italiane sulla strage di Cefalonia è lo storico Carlo Gentile: «Mi sorprende che l'autorità giudiziaria italiana non abbia ancora provveduto a aprire a sua volta un procedimento per la strage degli ufficiali alla Casetta Rossa, archiviata a Monaco nel 2006, nonostante gli elementi necessari siano noti da tempo. Lo stesso indagato Mühlhauser non ha mai smentito di aver comandato uno dei plotoni di esecuzione». L'interrogativo di Gentile è il punto di sostanza che ci sta a cuore.
Avevo scritto che in Italia il fascicolo su Cefalonia fu di nuovo «vergognosamente» archiviato nel 1996. Non difendo quell'avverbio se qualcuno lo ritiene offensivo. Avrei dovuto scrivere più propriamente che quell'archiviazione fu improvvida e - paradossalmente, a distanza di 53 anni dai fatti - affrettata. Si sorvolò infatti sulla letteratura storica apparsa nel frattempo, e sulla prima inchiesta tedesca archiviata nel 1968, che avevano offerto una quantità di spunti per nuove indagini, non solo sui vecchi nomi già noti alle inchieste italiane degli anni '50.
Infine la considerazione sulle «omissioni e l'ignavia dei governi italiani e della procura militare di Roma» si riferiva complessivamente alla mancanza di impegno a far giustizia su Cefalonia, mostrata in sei decenni dalla classe politica e dall'ufficio giudiziario competente. E non voleva in nessun modo riferirsi a questo o quel titolare dell'ufficio. Fu Sandro Pertini a denunciare già nel 1980 la «congiura del silenzio su Cefalonia», una strage dimenticata «per omertà tedesca e ignoranza italiana».
Ci conforta che il procuratore Intelisano abbia ora chiesto a Dortmund copia dell'ultimo provvedimento di archiviazione tedesco, che intenda valutarlo insieme all'archiviazione per Mühlhauser a Monaco, e che non escluda una nuova inchiesta italiana se ne riscontrerà i presupposti. Di questo impegno gli siamo grati. Sperando che non sia troppo tardi.
Guido Ambrosino